Sono finalmente pronti i primi risultati delle indagini condotte dalla Scuola Archeologica di Matera nei pressi della “Torre di Satriano”.
Pare che si possa risalire al VI sec.a.C. per una prima occupazione intorno ad un’area di sorgenti, alle pendici meridionali della collina.

L’elemento di spicco è sicuramente la scoperta di una deposizione femminile, posta in posizione rannicchiata e accompagnata da un ricco corredo costituito da 11 vasi di varie forme e decorazioni, spiedi in ferro, monili e fibule con elementi in ambra, i quali suggeriscono che l’insediamento dovesse trovarsi all’interno di un circuito di rapporti culturali e commerciali nel quale erano coinvolte anche l’area del Vallo di Diano, l’Ofantina e Dauna, le valli dell’Agri e del Sinni sino all’area costiera di cultura greca.

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Interessanti sono le indagini che hanno coinvolto, a est e a ovest dell’altura, due ampi pianori (pianoro=altopiano poco esteso, situato a una certa altitudine, per estensione in cima a un monte o fra due alture).
Sul versante sud-orientale è venuta alla luce una struttura abitativa di eccezionali dimensioni (22mx12m) a pianta rettangolare absidata, realizzata intagliando il banco naturale, con uno zoccolo in pietra e un elevato in pisè (Argilla Umida).

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All’interno va segnalata la presenza di un focolare e di contenitori interrati per le derrate.
La straordinaria quantità di vasellame e l’alta qualità del materiale rinvenuto, inquadrabile in un arco temporale tra il VII e il VI sec.a.C., fa pensare ad un abbandono repentino da parte di un esponente di rango della comunità.

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Sul pianoro occidentale, invece, sono state ritrovate, sempre in riferimento all’età arcaica, una necropoli e un’area destinata alla produzione di ceramica, testimoniata dalla presenza di una fornace, di una cava di estrazione dell’argilla e un canale per il deflusso delle acque.
Nel IV sec. l’area viene scelta dai Lucani che vi si insediano costruendo possenti mura di cinta, di cui restano tuttora visibili i resti, e un santuario, quest’ultimo ubicato in una zona caratterizzata da una sensibile pendenza. Le indagini, in questo caso, hanno permesso di acquisire ulteriori ed importanti informazioni per una più precisa rilettura dell’impianto planimetrico generale e sulle modalità di alcuni rituali connessi all’uso sacro dell’acqua.

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Il Santuario presenta un’architettura molto complessa: costruito su tre diverse terrazze, poste parallelamente al pendio naturale; un muro a delimitazione dello spazio sacro, in cui si trovava il tempietto a pianta quadrangolare della divinità, una sala da banchetto, uno spazio per il culto, stretti porticati posti sulla terrazza superiore e su quella inferiore dove sono stati trovati numerosi reperti votivi.

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Per quanto concerne la sommità della collina, si narra che Alessandro il Molosso, zio di Alessandro Magno, fece costruire una fortezza su questa sorta di Acropolis, mentre più in là nei secoli, tra la fine del XI e XII sec. d.C. venne costruita una cattedrale: qui si conservavano le reliquie di S. Laverio, ucciso durante le persecuzioni di Diocleziano.

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Le indagini universitarie hanno permesso di riportare alla luce una serie di edifici per dare ospitalità alla comunità ecclesiastica che si dispongono intorno a una corte occupata da una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.
E poi sepolture, databili tra il XII e il XIII sec., e anche deposizioni collettive collegabili alle pestilenze del XIV-XV sec. La sua definitiva rovina avviene nel 1420, quando è rasa al suolo per volere di Giovanna II d’Angiò, forse una ripicca di quest’ultima, probabile conseguenza dei suoi tentativi di liberare il Regno di Napoli dal rapporto di vassallaggio al Papato.
Gli abitanti della zona così si dispersero nei paesi vicini di Satriano e Tito.

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Angela Falciano


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